Nel contesto odierno, la sicurezza non è più solo un tema tecnico-operativo, né esclusivo appannaggio delle aziende che operano in settori critici. La trasformazione digitale, la crescente esposizione a minacce fisiche ed informatiche ed un contesto normativo sempre più interconnesso, hanno trasformato la funzione sicurezza in un asset strategico di governance. Non è un caso se nelle principali crisi reputazionali o finanziarie dell’ultimo decennio il fallimento di presìdi interni di sicurezza – siano essi fisici, procedurali, informatici o legati al fattore umano – è stato tra le concause principali dell’evento scatenante.
All’interno di questo scenario, la Security Governance si impone come elemento fondante della compliance aziendale, capace di influire direttamente sul perimetro della responsabilità giuridica dell’impresa. Non è solo questione di “fare sicurezza”, ma di strutturarla, tracciarla e renderla verificabile: in sintesi, di portarla dentro il sistema di governo dell’impresa, secondo logiche di risk management integrato.
In Italia, il punto di svolta normativo è rappresentato dal Decreto Legislativo n. 231/2001, che ha introdotto la responsabilità amministrativa degli enti per reati commessi nel loro interesse o vantaggio, da soggetti apicali o sottoposti, qualora l’evento sia attribuibile ad una carente organizzazione interna. Si tratta di una rivoluzione silenziosa: l’impresa non è più solo potenzialmente responsabile civilmente per il fatto altrui, ma può essere destinataria diretta di sanzioni pecuniarie, interdittive e reputazionali per la mancata prevenzione.
Il legame con la funzione sicurezza è evidente: tra i reati-presupposto figurano lesioni gravi o mortali per inadeguata gestione della sicurezza sul lavoro, frodi, delitti informatici, reati contro la Pubblica Amministrazione (si pensi alla vigilanza privata in appalti pubblici), fino alle fattispecie di “mala gestio” che coinvolgono asset aziendali sensibili o riservati.
Non basta dichiarare di aver “fatto il possibile”: serve un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (MOG) efficace, dinamico, aggiornato e soprattutto supportato da evidenze documentali: policy di security risk management, formazione tracciata, audit periodici, protocolli per la gestione degli incidenti, escalation procedure e sistemi di investigazione interna. Ogni anello debole può costare caro, anche in assenza di dolo.
La Security Governance è il sistema attraverso il quale un’organizzazione stabilisce, implementa e monitora le proprie politiche e strategie di sicurezza, in coerenza con gli obiettivi aziendali e con la normativa vigente. Non si tratta solo di assegnare un responsabile o adottare tecnologie avanzate. Si tratta di costruire un ecosistema coerente, in cui la sicurezza sia parte integrante del processo decisionale, dall’acquisizione di nuovi asset all’apertura di una sede in una zona a rischio, fino alla gestione di crisi e controversie interne.
Un sistema maturo prevede una chiara attribuzione dei ruoli: il responsabile della sicurezza deve avere visibilità sui rischi e accesso al vertice aziendale; l’Organismo di Vigilanza (OdV) deve includere figure in grado di comprendere e valutare i presidi di sicurezza; il risk owner di ogni funzione deve conoscere le implicazioni della propria attività sul piano della security compliance. Questo approccio multidimensionale consente di disinnescare il rischio sistemico che deriva dalla frammentazione delle responsabilità, spesso alla base di eventi gravi e/o della mancata risposta agli stessi.
Ogni crisi aziendale generata da un evento legato alla sicurezza – che si tratti di un furto interno, una fuga di dati, un’aggressione ad un dipendente, o una gestione inadeguata di una minaccia interna – non nasce mai dal nulla. È quasi sempre il risultato di una catena di omissioni, sottovalutazioni e debolezze sistemiche. Il problema non è l’imprevedibilità del singolo evento, ma l’assenza di un sistema in grado di intercettarlo, prevenirlo o almeno gestirlo correttamente.
Da questo punto di vista, la documentazione è tanto importante quanto le misure in sé. Non è sufficiente avere una procedura scritta: bisogna dimostrare che è stata adottata, compresa, aggiornata ed applicata. Questo principio – cardine della compliance moderna – vale in particolare per la sicurezza, dove spesso le attività sono percepite come tecniche e scollegate dalla dimensione legale. Eppure, proprio qui si gioca la difesa dell’impresa davanti a un procedimento giudiziario.
Le sfide più recenti rendono ancora più centrale il concetto di Security Governance. L’outsourcing di funzioni critiche, la crescente dipendenza da tecnologie di sorveglianza intelligenti, l’interconnessione tra ambienti fisici e digitali e l’utilizzo di algoritmi decisionali richiedono un livello di supervisione ed accountability superiore. Chi gestisce un impianto di videosorveglianza basato su intelligenza artificiale, o affida la vigilanza notturna a terzi, non può più limitarsi a verificare la sola conformità contrattuale del servizio: deve adottare presidi di controllo continui, strutturati e documentati, capaci di fronteggiare anche i cosiddetti “rischi residuali”.
Inoltre, normative sovranazionali come il GDPR, la Direttiva NIS2 sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi ed il DORA Regulation nel settore finanziario, rafforzano l’obbligo per le imprese di considerare la sicurezza come parte integrante della compliance, estendendo la responsabilità anche alla gestione di terze parti ed alla protezione dei dati.
In un contesto economico e normativo sempre più interconnesso, la sicurezza non può più essere trattata come un compartimento stagno. Essa rappresenta oggi uno dei pilastri della responsabilità organizzativa ed un test fondamentale dell’efficacia del sistema di compliance. Dove fallisce la Security Governance, l’azienda si espone non solo ad un rischio operativo, ma ad un pericolo sistemico che può minare la sua reputazione, il suo equilibrio economico e la sua stessa sopravvivenza giuridica.
Integrare la sicurezza nella governance aziendale significa prevenire scenari di responsabilità, dimostrare consapevolezza gestionale e rafforzare la cultura della legalità interna. Non è una scelta tecnica, ma una decisione strategica. Perché, oggi più che mai, la sicurezza è compliance. E la compliance è il primo scudo dell’impresa davanti alla legge.
Riguardo all'autore
Esperta in Security e Risk Management, con una formazione nella Guardia di Finanza e un’esperienza consolidata nella prevenzione delle frodi, nelle investigazioni aziendali e nella compliance normativa. Attualmente ricopre il ruolo di Senior Manager, Risk – Global Investigations & Security Operations presso Amazon, dove è responsabile di attività investigative su scala globale, protezione degli asset aziendali e sviluppo di strategie di mitigazione del rischio.