La residenza fiscale delle società è un elemento chiave per determinare il regime impositivo applicabile, specialmente in ordinamenti basati sul principio della worldwide taxation. Con il decreto legislativo n. 209/2023, adottato in attuazione della legge delega n. 111/2023, e la successiva circolare n. 20/E del 4 novembre 2024, il legislatore ha riformato i criteri di collegamento per stabilire la residenza fiscale in Italia, promuovendo una maggiore coerenza con il Modello OCSE e la prassi internazionale.
Il nuovo comma 3 dell’art. 73 del TUIR ha abbandonato i criteri precedenti, eliminando il riferimento all’“oggetto principale” e sostituendo la “sede dell’amministrazione” con due nuovi parametri di tipo sostanziale
Tali criteri, unitamente alla sede legale, continuano a operare in via alternativa: la presenza di almeno uno per la maggior parte del periodo d’imposta è sufficiente per configurare la residenza in Italia.
La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 20/E/2024 chiarisce che la verifica della residenza fiscale delle società va effettuata tramite un’analisi caso per caso, basata su dati concreti e fattuali. Proprio per questo motivo, l’Amministrazione esclude la possibilità di risolvere tali questioni attraverso interpelli, trattandosi di fattispecie che richiedono accertamenti istruttori.
Il concetto di sede di direzione effettiva è definito come il luogo in cui vengono prese in modo continuativo e coordinato le decisioni strategiche riguardanti l’intera società o ente. È un criterio che richiama direttamente il place of effective management (PoEM) previsto dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni ispirate al Modello OCSE.
La circolare 20/E chiarisce che le deliberazioni dei soci, salvo che abbiano un contenuto gestorio effettivo, non rilevano per individuare la sede di direzione effettiva. Si tratta, quindi, di un criterio pensato per valorizzare la sostanza economica rispetto alla forma giuridica.
Accanto alla direzione strategica, il legislatore ha introdotto un secondo criterio sostanziale: la gestione ordinaria in via principale. Questa si riferisce al luogo in cui si svolgono in modo continuativo e coordinato gli atti della gestione corrente, che rappresentano il normale funzionamento operativo della società o dell’ente.
Il criterio si applica indipendentemente dalla sede di direzione effettiva, e presuppone un’attività economica sostanziale e prevalente nel territorio italiano. Anche in questo caso, l’Agenzia ha evitato di fornire elenchi rigidi di attività, sottolineando l’importanza dell’approccio caso per caso.
Un aspetto controverso della nuova disciplina riguarda la prevalenza temporale. Il criterio di collegamento deve sussistere per la maggior parte del periodo d’imposta, escludendo così la possibilità di adottare uno schema “split-year”, come previsto in molte altre giurisdizioni OCSE.
Questa scelta rischia di generare disallineamenti nei casi di trasferimenti infrannuali della sede legale o della direzione effettiva, complicando la gestione dei rapporti fiscali internazionali e aumentando i rischi di doppia imposizione o doppia non imposizione.
La nuova disciplina intende rafforzare il coordinamento con le Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, in particolare nei casi di conflitto di residenza. Mentre la maggior parte dei trattati in vigore continua a basarsi sul criterio del place of effective management, i più recenti – come quelli con Canada e Cile – adottano la versione aggiornata dell’art. 4, par. 3 del Modello OCSE, secondo cui la residenza è determinata tramite accordo tra le autorità competenti.
La riforma, dunque, appare coerente con l’evoluzione internazionale, ma l’efficacia operativa dipenderà dall’effettiva capacità delle autorità di negoziare in modo tempestivo e trasparente.
La revisione dei criteri per la residenza fiscale delle società rappresenta un passo significativo verso un sistema più aderente alla sostanza economica delle attività e meno ancorato a elementi meramente formali. Tuttavia, l’assenza di esempi pratici nella circolare 20/E e la mancata adozione di un regime di residenza puntuale limitano la portata dell’intervento in termini di certezza giuridica.
L’auspicio è che in futuro l’Agenzia possa integrare le attuali indicazioni con ulteriori chiarimenti interpretativi, soprattutto per aiutare imprese e operatori a muoversi con maggiore sicurezza nel nuovo quadro normativo.
Riguardo all'autore
Filippo Baglioni è un avvocato fiscalista con un’ampia esperienza in fiscalità nazionale e internazionale, gestione del rischio fiscale e compliance. Attualmente è Manager Tax presso BDO Italia e dottorando in Business & Law presso l’Università di Brescia e la WU Vienna University of Economics and Business. È autore di articoli e pubblicazioni su tematiche tributarie e docente in ambito fiscale.