Negli ultimi anni, la cronaca economica ha portato sotto i riflettori casi sempre più numerosi di scandali aziendali, frodi interne, abusi di potere e violazioni etiche. Dai rimborsi gonfiati ai comportamenti discriminatori, passando per l’uso scorretto delle risorse aziendali, ciò che una volta veniva nascosto sotto il tappeto è oggi oggetto di indagini approfondite. Le organizzazioni stanno diventando sempre più consapevoli che l’integrità non è solo un valore astratto: è un vantaggio competitivo, una garanzia per la reputazione, un baluardo contro la crisi.
In questo scenario, la gestione delle investigazioni interne assume un ruolo cruciale. Non si tratta solo di scoprire “chi ha fatto cosa”, ma di costruire un sistema in cui le regole valgano per tutti e le violazioni non passino inosservate. In questo articolo esploriamo nel dettaglio come nasce e si sviluppa un’investigazione interna, quali attori coinvolge, quali strumenti utilizza e perché è fondamentale affrontarla con metodo e consapevolezza.
Tutto ha inizio da un segnale. A volte è chiaro e circostanziato, come una segnalazione formale inviata tramite una piattaforma di whistleblowing. Altre volte è più sfumato: una voce raccolta da un manager, un’osservazione fatta da un collega, una discrepanza nei dati contabili. Ma non ogni anomalia giustifica l’apertura di un’indagine formale. Serve una valutazione preliminare: è fondata? È urgente? Comporta rischi per l’azienda, per le persone, per il clima interno?
Spesso i termini si confondono. Un audit è una revisione sistemica, un’indagine disciplinare è un procedimento formale con regole precise. L’investigazione interna è qualcosa di diverso: uno strumento gestionale, attivabile anche in forma riservata, per accertare la verità su fatti potenzialmente rilevanti per l’organizzazione. È una zona grigia tra diritto e governance, dove il rischio di errori – tecnici, relazionali o legali – è molto alto.
Una delle prime domande da porsi è: chi conduce l’indagine? A seconda del caso, possono essere coinvolti HR, il dipartimento Legal o Compliance, il team di Security, e talvolta anche gli esperti IT o forensics. Il rischio più comune? Che uno solo di questi attori si muova senza coordinarsi con gli altri. L’efficacia sta proprio nella collaborazione, nella chiarezza dei ruoli e nel coordinamento delle responsabilità.
Pianificare un’indagine significa definire perimetro, soggetti coinvolti, tempi e modalità. Si raccolgono evidenze documentali, digitali e testimoniali. Ogni dato va trattato nel rispetto del GDPR e conservato lungo la catena di custodia. Una prova raccolta male può compromettere l’intero processo, o diventare inutile in un’eventuale fase contenziosa.
Condurre un’intervista investigativa non significa “interrogare” come in un film poliziesco. Serve metodo, attenzione alle parole, capacità di ascolto. Il linguaggio va scelto con cura, e tutto va documentato correttamente. Un’intervista condotta male può influenzare le risposte, alterare i dati o causare tensioni inutili. Ma se fatta bene, è spesso l’elemento chiave dell’intera indagine.
Si confrontano versioni, dati e testimonianze. Si costruisce una timeline, si accertano eventuali violazioni di policy o illeciti. Il report finale deve essere chiaro, oggettivo, strutturato. È uno strumento che parla a Legal, a HR, ai manager, e talvolta anche alle autorità. Contiene non solo le conclusioni, ma anche raccomandazioni per migliorare processi e prevenire il ripetersi delle violazioni.
Il rischio non è solo legale, ma anche etico e reputazionale. Proteggere il whistleblower, rispettare la privacy, garantire imparzialità e proporzionalità: sono tutti principi fondamentali. Un’investigazione gestita con superficialità può danneggiare l’azienda molto più del problema iniziale. Ma una gestita con competenza può rafforzarne l’identità e consolidare la fiducia interna.
Le investigazioni interne non sono una perdita di tempo. Sono un atto di responsabilità, un presidio di legalità, un investimento nella cultura aziendale. Quando fatte bene, aiutano a rafforzare la trasparenza, a migliorare i processi e a costruire un ambiente di lavoro più sano.
La vera domanda non è “vale la pena farle?”, ma: “possiamo davvero permetterci di ignorarle?”.
Riguardo all'autore
Esperta in Security e Risk Management, con una formazione nella Guardia di Finanza e un’esperienza consolidata nella prevenzione delle frodi, nelle investigazioni aziendali e nella compliance normativa. Attualmente ricopre il ruolo di Senior Manager, Risk – Global Investigations & Security Operations presso Amazon, dove è responsabile di attività investigative su scala globale, protezione degli asset aziendali e sviluppo di strategie di mitigazione del rischio.