La confisca per equivalente, prevista dall'art. 12-bis del D.Lgs. n. 74/2000, costituisce una misura patrimoniale di natura sanzionatoria, applicabile nei casi in cui non sia possibile procedere alla confisca diretta dei beni costituenti il profitto del reato. Tale istituto trova particolare applicazione nei reati tributari, come l'omesso versamento dell'IVA, disciplinato dall'art. 10-ter del medesimo decreto legislativo.
Nel caso in esame, il legale rappresentante di una società era stato condannato per il reato di omesso versamento dell'IVA. A seguito della condanna, veniva disposta la confisca per equivalente sui beni personali del legale rappresentante, in considerazione dell'incapienza del patrimonio della società. Successivamente, la società, nel frattempo sottoposta a procedura fallimentare, provvedeva al pagamento integrale del debito tributario. Nonostante ciò, la Corte d'appello di Bologna, in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza di revoca della confisca, ritenendo irrilevante il pagamento postumo del debito fiscale.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6578 del 18 febbraio 2025, ha annullato l'ordinanza della Corte d'appello, affermando che il pagamento del debito tributario da parte della società, anche se successivo al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, incide sull'eseguibilità e sull'ammontare della confisca per equivalente. La Suprema Corte ha sottolineato che la confisca per equivalente non può riguardare somme superiori all'effettivo profitto conseguito, quantificato decurtando dal valore del profitto le somme recuperate dal fisco a seguito di versamenti effettuati. Pertanto, la confisca deve essere ridotta in misura corrispondente ai pagamenti effettuati, al fine di evitare una duplicazione sanzionatoria in contrasto con il principio di proporzionalità.
La decisione si inserisce nel solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui la confisca per equivalente rappresenta una misura sussidiaria rispetto alla confisca diretta, attivabile solo qualora sia accertata l'impossibilità di apprendere il profitto direttamente dai beni della persona giuridica. Inoltre, la funzione sanzionatoria della confisca per equivalente non giustifica l'automatismo dell'ablazione patrimoniale quando il profitto illecito risulti già recuperato o agevolmente aggredibile nei confronti della società beneficiaria. Tale approccio si pone in linea con la giurisprudenza di legittimità che riconosce alla confisca per equivalente natura eccezionale e subordinata, da attivarsi solo a fronte della dimostrata impossibilità di procedere alla confisca diretta.
La sentenza in commento conferma la necessità, anche in materia di reati tributari, di un rigoroso rispetto del principio di sussidiarietà della confisca per equivalente rispetto alla confisca diretta, evitando applicazioni automatiche che comportino indebiti sacrifici patrimoniali in capo alla persona fisica autrice dell'illecito, laddove il profitto risulti agevolmente aggredibile nei confronti della persona giuridica beneficiaria. La decisione si pone dunque a presidio del principio di proporzionalità e della funzione garantista delle misure patrimoniali penali, consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai costante volto a escludere generalizzazioni punitive in contrasto con i fondamentali diritti patrimoniali dell'imputato.
Riguardo all'autore
Filippo Baglioni è un avvocato fiscalista con un’ampia esperienza in fiscalità nazionale e internazionale, gestione del rischio fiscale e compliance. Attualmente è Manager Tax presso BDO Italia e dottorando in Business & Law presso l’Università di Brescia e la WU Vienna University of Economics and Business. È autore di articoli e pubblicazioni su tematiche tributarie e docente in ambito fiscale.